Il Peccatore: Il discepolo ombra by Germano Dalcielo

Il Peccatore: Il discepolo ombra by Germano Dalcielo

autore:Germano Dalcielo [Dalcielo, Germano]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
ISBN: 9781482626100
editore: CreateSpace Independent Publishing Platform
pubblicato: 2013-02-23T23:00:00+00:00


XII.

Ferruccio cacciò un urlo spaventoso seguito da vari improperi e insulti rivolti a Remondino, tra cui il giuramento di scuoiarlo vivo.

Il frate si riscosse e ritrasse la gamba, indietreggiando incredulo di fronte a quello che era appena stato capace di fare. Si passò entrambe le mani sui capelli e nell’alzare gli occhi vide la botola aperta: non c’era tempo da perdere, doveva scappare e chiedere aiuto.

Corse verso la scala e cominciò a salire. Era ancora scalzo e le piante dei piedi gli facevano male. Mentre si issava sul primo piolo, Ferruccio, in preda a un raptus di follia innescato dall’adrenalina, dalla rabbia o dal dolore, stava già tentando di sganciare il forcone dal terreno con la sola forza della mano ancora sana. Tra urla strazianti spingeva contro i rebbi per disincastrarli dall’arenino, incurante di strappare i tendini e i muscoli del metacarpo. Tutto sommato era stato “fortunato”: solo due dei tre denti della forca gli avevano perforato la carne poco sopra le falangi, tra indice e medio e anulare e mignolo.

Furono secondi interminabili: Remondino poteva sentire in quel silenzio spettrale lo schiocco della pelle che si strappava. Una volta libera, Ferruccio si portò la mano al viso e cominciò a leccarne il dorso morbosamente, scoccando nello stesso tempo al frate uno sguardo che diceva “sto venendo a prenderti… ”.

Quando lo vide rimettersi in piedi, il religioso ritornò in sé e prese a salire i pioli forsennatamente. A pochi centimetri dalla botola un sostegno cedette sotto il suo peso spezzandosi al centro, facendolo scivolare per almeno un metro. Remondino afferrò per un pelo un altro piolo e ci si aggrappò con tutte le sue forze. Sentì esplodere alle spalle la risata satanica del suo predatore e pregò Dio che quel piccolo pezzo di legno non cedesse. In preda al panico, arcuando la schiena e piegando le ginocchia, issò i piedi sul gradino successivo e continuò a risalire. Sentiva sul collo il fiato di Ferruccio che batteva i pioli uno dopo l’altro. Voleva fare più in fretta, ma aveva le mani sudate e la poca prensilità delle piante dei piedi piatti non gli era certo di aiuto.

Signore ti prego, aiutami, fammi uscire di qui…

Poggiò i palmi delle mani sul pavimento della cucina e tirò su la gamba destra, facendole fare una rotazione di centottanta gradi per non inciampare nell’ultimo gradino. Improvvisamente perse l’appoggio sul piede sinistro e finì malamente faccia a terra sull’arenino: Ferruccio lo aveva raggiunto e agguantato con la mano sana. Remondino fece forza sulle braccia per girarsi sulla schiena e da seduto cominciò a sferrargli calci sul polso e sul petto. La morsa del suo avversario però sembrava quella di una tenaglia.

«Ti giuro che ti inculo a sangue e ti rispedisco a bruciare all’inferno!» gli urlò contro con la bava alla bocca.

Ferruccio era in equilibrio precario sulla scala e dondolava leggermente avanti e indietro non potendosi appoggiare con le mani: quella sana era impegnata a non mollare Remondino e l’altra sanguinante era arrotolata nella camicia di flanella. Il frate



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